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17 Agosto 2013

Autore: Antonio Bellafiore
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Categorie: Diversamente Abili

vignetta di un diversamente abile in carrozzina che riesce a superare le barriere architettoniche

I Fisioterapisti lavorano e vivono a stretto contatto con i diversamente-abili, meglio conosciuti dalla collettività come Disabili. Da sempre  abbiamo adottato il termine diversamente-abili perché siamo fermamente convinti che le persone affette da disabilità  sono soggetti che possono avere funzioni, con le capacità conservate, uguali alle nostre o addirittura superiori. Un soggetto non vedente ad esempio riesce a sentire e annusare molto meglio di noi, come è dimostrabile asserire che un disabile con deficit motorio e sensitivo non potrà percepire sensibilità cutanea per una carezza ma ha una sensibilità pisicoemotiva di gran lunga superiore alla nostra. Per noi il diversamente-abile ha enormi potenzialità sia  motorie che cognitive ma è indispensabile evidenziarle e dare ai pazienti la possibilità di migliorare le proprie aspettative di vita e soprattutto dare loro un forte stimolo per affrontare con forza e serenità tutte le difficoltà che giornalmente incontrano.  Fondamentale fare  un analisi sui reali bisogni del diversamente-abile, partendo da uno studio accurato dell’ambiente in cui vive, che nella maggior parte dei casi viene definito da loro stessi come un “carcere” perché impossibilitati ad uscire, dato che troppo spesso le barriere architettoniche sono ostacoli quasi insuperabili. Basti pensare che l’80% dei soggetti abita in case senza ascensore e per superare ‘l’ostacolo scala’ necessitano tre o quattro persone per trasportare, in braccio, il diversamente-abile prima fuori dall’abitazione e ostacoli anche peggiori dovrà affrontare fuori casa.

Ma il vero carcere è quello prodotto dalla “cultura dell’indifferenza” che pesa terribilmente sul diversamente-abile, e su tutta la sua famiglia che spesso  diventa ‘gestore unico del problema disabilità’.

(La maggior parte  vivono la loro difficile vita  in casa,  non per scelta, ma perché costretti dalla “cultura dell’indifferenza”. Purtroppo tale cultura negativa ancora oggi riguarda anche buona parte delle famiglie dei disabili che vivono questa diversità come una disgrazia da nascondere più possibile agli occhi della gente, che troppo spesso anziché preoccuparsi di aiutare preferisce giudicare). Forse è arrivato il momento di aprire e far aprire gli occhi a tutti coloro che possono e devono adoperarsi per aiutare i nostri amici  diversamente-abili perché è possibile liberali dal “carcere” culturale,  ambientale e fisico in cui si trovano oggi.

Il primo obbiettivo da raggiungere, a nostro avviso, è quello di restituire al Diversamente-abile e a i suoi familiare il diritto e il piacere di mantenere i contatti con il mondo esterno,  con le persone care, con gli amici, con la gente comune, con le figure che possono intervenire nel recupero delle aspettative di vita, di salute, spirituali . Spesso, ad esempio, il disabile necessita di visite specialistiche, e nella maggior parte dei  casi deve rinunciarvi   perché sono troppi gli ostacoli. Altrettanto opprimente è l’isolamento relazionale dal mondo esterno, che logora mentalmente, con una condizione, forse ancora più insopportabile della patologia stessa, che si chiama “Solitudine”. Fa parte della nostra Cultura stare vicino al Disabile e alla famiglia nei momenti immediatamente successivi all’evento (es. Ictus, lesioni midollari, traumatizzati ecc.) che ha provocato l’invalidità ma, come spesso succede, l’attenzione e la frequenza delle “visite affettuose” fisiologicamente si riducono  e già dopo poche settimane il Disabile  conosce la solitudine.

Già da subito, ma soprattutto in questa fase dovrebbero entrare in gioco le istituzioni con equipe multidisciplinari preparate per accogliere il disabile all’interno del gruppo, che per lui lavorerà e insieme a lui affronterà le difficoltà fisiche, cognitive e di relazione che limitano il recupero e le aspettative di vita sue e di tutta la famiglia. LIBER-ABILI. Abbiamo inventato questo termine perché siamo convinti che è possibile liberare i diversamente-abili dal “carcere” in cui sentono di vivere. (E’ necessario (inizialmente differenziare i vari aspetti, fisico, mentale, di relazione che influenzano lo stile di vita del soggetto con disabilità.  Tale studio ci permette di valutare le priorità di intervento e le possibilità di miglioramento delle condizioni psico-fisiche del soggetto. . Attualmente sono attivi alcuni servizi domiciliari come l’assistenza domiciliare integrata,  e assistenza riabilitativa .). Manca ancora oggi  una attenzione speciale e mirata    per il diversamente-abile, al fine di alleviare le sofferenze psicofisiche e pisicoemotive, conseguenza della grave condizione di solitudine in cui è costretto a vivere, e quindi creare le condizioni necessarie per mettere il paziente in relazione con “il mondo esterno” ma anche modificare nel miglior modo possibile il suo ambiente di vita e non meno inportante aiutare e supportare la sua famiglia. In realtà tutta la famiglia del disabile vive una condizione di difficoltà e limitazione, anche nelle funzioni più semplici, perché aiutare, accudire e sostenere un familiare disabile non autosufficiente,  richiede un enorme spreco di energie fisiche, mentali, ed economiche.

L’Aiuto, il sostegno, la disponibilità ,  l’affetto e la comprensione per i nostri amici disabili non sarà mai troppa perché meritano molto di più da tutti noi.

 

ARTICOLO SCRITTO DA:
Antonio Bellafiore Fisioterapista

Tags: disabili
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